Il legislatore europeo muove dalla considerazione che le costanti pressioni antropiche sui sistemi naturali – agricoltura intensiva, sfruttamento del suolo, selvicoltura non sostenibile, uso indiscriminato di pesticidi e fertilizzanti, sfruttamento delle specie, attività inquinanti, urbanizzazione- hanno indotto un progressivo degrado degli ecosistemi (secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) degradati nella percentuale dell’’81%) nonché una drastica diminuzione della biodiversità, con un impatto altamente negativo sulla salute, sul clima, sugli equilibri economici e geopolitici.
Sotto il profilo della salute: risorse ambientali sane garantiscono alimenti sicuri, sostenibili, a prezzi accessibili e, associate agli sforzi volti a ridurre il commercio ed il consumo di flora e fauna selvatiche, contribuiscono a prevenire possibili future malattie trasmissibili con potenziale zoonotico ed a rafforzare la resilienza di fronte a queste malattie, riducendo rischi di epidemie e pandemie e contribuendo all’applicazione dell’approccio “One Health”, ove ben evidenziato è il nesso intrinseco tra salute umana, salute animale ed una natura integra e resiliente.
Sotto il profilo del clima: il ripristino degli ecosistemi vale ad accrescere la capacità di assorbimento e di stoccaggio del carbonio nei serbatoi naturali (mitigazione) nonché l’adattamento alle variazioni climatiche negli insediamenti urbani e rurali. Equilibri economici e geopolitici. Ecosistemi sani producono effetti positivi sulla produttività alimentare a lungo termine, sulla capacità di approvvigionamento delle risorse e sui costi operativi delle imprese di ogni settore ed altresì rappresentano immancabile presupposto per scongiurare la dipendenza dei Paesi UE dalle importazioni.
Rafforzare la biodiversità, ripristinare gli ecosistemi degradati, conseguire gli obiettivi UE in materia di cambiamenti climatici costituiscono obiettivi centrali del Regolamento: si tratta di passaggi indispensabili per il raggiungimento dei fondamentali obiettivi di protezione della salute e della sicurezza alimentare, del contrasto al cambiamento climatico e della pianificazione degli equilibri economici e geopolitici dell’UE.
Nel perseguire tali finalità, il regolamento sul ripristino della natura definisce un quadro entro il quale gli Stati membri dovranno mettere in atto misure di ripristino efficaci che, nell’insieme degli ecosistemi che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, dovranno coprire, entro il 2030, almeno il 20% delle zone terrestri e marine e, entro il 2050, tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati.
Per conseguire tali obiettivi, gli Stati Membri, entro il 2030, dovranno ripristinare il buono stato di conservazione di almeno il 30% degli habitat terrestri, costieri, di acqua dolce e marini indicati dal regolamento. Questa percentuale aumenterà poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Sono previste delle deroghe rispetto a questi obiettivi e obblighi di ripristino che dovranno essere debitamente giustificate dagli Stati membri che le richiederanno.
Si stabilisce anche che, fino al 2030, nell’attuazione delle misure di ripristino, gli Stati membri dovranno considerare prioritarie le aree Natura 2000.
Le misure di ripristino della natura e di tutela degli habitat da attuare dovranno assicurare la protezione e il mantenimento degli ecosistemi, garantendone il non deterioramento prima e dopo gli interventi di ripristino. Inoltre, tali misure dovranno tenere conto anche della necessità di migliorare la connettività tra i diversi habitat e delle esigenze ecologiche delle specie.